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 INTERVISTA: TREBLE LU PROFESSORE
 INTERVISTA: TREBLE LU PROFESSORE
INTERVISTA: TREBLE LU PROFESSORE
Il Salento e la sua infinita bellezza. Ma a quanto pare non è tutto oro quello che luccica. Ne parlo con Treble Lu Professore, ex Sud Sound System, fresco di un nuovo interessante progetto musicale.

Antonio Petrachi, in arte Treble Lu Professore, è musicista, autore, produttore e fondatore dei Sud Sound System insieme a GGD, Militant P, Dj War, Papa Gianni e Don Rico. Attivo fin dagli anni novanta, ha firmato brani storici nel panorama nazionale della musica reggae e Hip-Hop, come Stop Al Panico, Fuecu, Reggae Internazionale, Notte E Giurnu, fino a Le Radici Ca Tieni, vincitore del Premio Tenco nel 2003. Attento a mantenere vivo l’interesse per la propria terra e per tutte le forme di cultura e tradizione legate al Salento, Treble è sempre pronto a inserire nei propri testi il coraggio di dichiarare le contraddizioni, i soprusi e, nel contempo, di alimentare le speranze di tutti i sud del mondo. Dopo una ventennale esperienza alla guida del gruppo salentino, dal 2005, in collaborazione con un nutrito gruppo di musicisti, apre il Treble Studio e fonda l’etichetta indipendente Elianto con la quale sta facendo conoscere al mondo reggae nuove liriche, contaminazioni e soprattutto giovani talenti salentini e non. E allora via di progetti musicali, collaborazioni artistiche, produzioni e festival. Fino al disco TerraMia. Che promuove a pieno una ricerca di sintesi tra le sonorità world del reggae e dell´hip-hop e la tradizione musicale salentina delle radici. Quelle radici che ormai sono alla base di quel fenomeno, ormai affermato e riconosciuto, della presenza di artisti salentini e pugliesi nelle più innovative e fresche proposte musicali del momento.

Vi riporto qui di seguito la mia conversazione con Treble. Abbiamo parlato del disco e del Salento. Dei padroni e dei baroni. E delle campagne e degli hotel che le campagne le distruggono. Io mentre scrivo sono sul Bologna-Lecce che mi porterà a casa. E già un po´ lo sento l´odore del mare.

Ciao Treble, inizio col dirti che questa tra me e te sarà una chiacchierata tra due conterranei. Quindi dimentica le mie vesti di intervistatore solenne e pensa a me come uno ca sta se prescia perché sta per farti delle domande sul tuo nuovo disco e sulla terra che ci lega.
Innanzitutto, come stai?


Stiamo bene, un caloroso abbraccio.

Mai come prima, ascoltando un disco che parla del Salento (o comunque della Puglia in generale), mi sono reso conto che, finalmente, qualcuno è riuscito a esprimere al meglio il connubio tra l´amore per questa terra e le drammatiche vicende legate alla difesa del territorio e delle sue risorse paesaggistiche e culturali. Credi che la maggior parte dei salentini siano realmente coscienti di cosa ci sia dietro a così tanta decantata bellezza?

No, non credo, altrimenti non staremmo in queste disastrose, più che drammatiche, condizioni. C’è sicuramente un aumento di consapevolezza nei salentini sensibili a queste tematiche, ma in quelli non “sensibili”? La difficoltà sta nel coinvolgere chi non riflette, avvolto nel vortice del “tanto non cambia niente” o, peggio, del “ci se ne futte”. La comunità tutta, intera, senza guardare al colore della bandiera, deve intervenire nella lotta che pur diventa strenua.

In molti dei tuoi nuovi pezzi fai riferimento alla figura dei "padroni". Chi sono per te i padroni?

I “padroni” sono i capi, quelli che fanno i capi alla luce del sole e quelli che lo fanno nell’ombra. Quelli che per voto ingannevole sono diventati rappresentanti della comunità, quelli che si tramandano il potere di generazione in generazione: mafia, politica, baronato universitario. Questo è il problema: sfruttano il valore della famiglia per assicurarsi continuità generazionale, ecco perché dico: "come fossero divini discendenti…”. Per me però c’è di più, ma di questo meglio parlarne un´altra volta.

Da anni, probabilmente proprio i padroni di cui parli tentano di distruggere distese di paesaggi per costruire nuove strutture dedite al turismo. Un giorno, semmai dovesse passare quella che in molti chiamano "la moda del Salento", cosa ce ne facciamo di così tanti alberghi? Di così tanto cemento?

Tempo fa i Messapi erano considerati dei maestri litotomi, cioè grandi esperti nel lavorare la pietra. Oggi noi, probabilmente loro discendenti, siamo grandi maestri nell’utilizzo del cemento, nel settore dell´edilizia. Quanti salentini vanno fuori ad esportare la loro grande tecnica nel lavorare per la casa? Al nord Italia, in Francia, in Australia. Io cerco di vedere l’altra faccia della medaglia. Noi possediamo l’arte e la lasciamo ai padroni, cioè a gente a cui non importa nulla della comunità e del suo territorio. L’obiettivo è impoverire tutti per arricchire pochi che se ne fottono se al posto di coste e spiagge libere abbiamo alberghi e ombrelloni. Così fanno soldi però. Maledetto dio denaro, che dio non è. Se un giorno, tutto d’un colpo, noi popolo, noi comunità, decidessimo che il lavoro si paga con lo scambio, che il denaro non vale niente? Eh, che bella rivoluzione! Non ritirare i soldi dalla banca, no, lasciarglieli, perché se vai dal fruttivendolo, prendi la frutta e gli offri la tua professionalità e, se non hai una professione, puoi in cambio zappare il suo giardino. Nello scambio si trova la ragione del necessario utile. Per cui bisogna lavorare da cuore a cuore, instillare nei cuori la bellezza di rapporti umani paritari, né padroni né schiavi, né sopra né sotto. Alimentare il sentimento di fratellanza, solo questo ci può salvare.

Il tuo disco è ricco di sonorità: dall´acustica con chitarra e tromba de I padroni al reggae classico di TerraMia, dal reggae più ricercato di Vampiri e Parassiti al quasi hip-hop di La resa dei conti passando per ballate come Aria. Quanto lavoro c´è stato dietro a questo disco?

Un lavoro intenso e approfondito, ma non nella ricerca musicale. Tutto è dedicato, invece, al mantenere inalterate le sensazioni che ho provato nel comporre, voce e chitarra, i brani. Ho preso come spunto un pensiero semplice: tanti passi fai avanti, tanti ne fai indietro, l’idea, quindi, dello scorrere del tempo inteso non come retta ma come cerchio. Quindi per andare avanti nella mia musica, proporre originalità ed ispirazione, ho fatto dei passi indietro, facendo affiorare il mio sempre vivo amore per la canzone d’autore, su tutti Modugno e Pino Daniele. Il mio primo concerto, in sacco a pelo, a 30 km da casa(!), è stato quello di un Pino Daniele al massimo della creatività, con una band incredibile che abbatteva tutte le barriere musicali; mi ha lasciato il segno. E poi Amara Terra Mia di Modugno, quella canzone che ancora devo nascondermi quando la sento, perché chiama con sé lacrime amare a dirotto, ogni volta.

Un disco, peraltro, ricco di collaborazioni. Penso a Dani Silk, GSQ e Rocky. Continua, quindi, il tuo tentativo di far conoscere al mondo reggae nuove liriche, contaminazioni e soprattutto giovani talenti (salentini e non)?

Si, perché mi piace cantare, fare musica ed ascoltare. In questo mondo perso nel personalismo, nel culto dell’immagine e della forma vuota di contenuto, non appena vedo o sento qualcuno che anche minimamente si distacca da questa mentalità, entra in campo il sentimento di fratellanza. Mi suona nel cervello: "eccone un altro, vai a dirgli che non è solo". Il mio lavoro di produttore è semplicemente un´incessante attività di incoraggiamento. So che l’artista vero è dentro di sé solitario ma vorrebbe gridare al mondo che nessun uomo è un´isola. Ma spesso non lo sa. Ed allora arriva quel rompi.. di Treble che dice: "nulla è per caso, so che provi, so che senti, maledetti sordi, lavora con il tuo cuore e con il cuore delle persone, nu pensare alla pauta! Non il lavoro nobilita ma il lavoro fatto bene, cercando di compiere l’opera e non di vivere per il riconoscimento”.

Tra tutti i brani, io preferisco Dolceamara. Sbaglio o c´è qualche riferimento allo scandalo Xylella?

Eh si, c’è una metafora: "se tiri le radici di un albero, lo hai condannato a morte, se sradichi un popolo dalla sua terra, ne vuoi la morte". Stanno attentando alla nostra identità culturale. Siamo sotto attacco dei padroni, da anni, da secoli, da Roma conquistatrice fino a Garibaldi Massone. Ma, attenzione, io non parlo di meridionalismo e similari. Ci poniamo la domanda che la parola Italia esistesse prima dei romani antichi? Quale era il popolo antico precedente alla cultura romana? Siamo sicuri che fossero tanti e diversi? Approfondendo la ricerca storica si vedrà che come al solito i conquistatori, i padroni, dividono per comandare: l’Ilva ci divide, Cerano ci divide, i veleni nelle campagne ci dividono, la Xylella ci divide, la mostruosa TAP ci divide. Cosa pensate, che tutte ste cose, tutte de paru, siano un caso? E dai, svegliamoci, c’è chiaramente un piano! Quando lo capiremo ci sentiremo più fratelli e più vicini e più uniti.

Ho trovato molto interessante il video di TerraMia. Un video ricco di simboli: la porta, la mano davanti alla tua bocca. Come è nata l´idea di un video del genere? E perché hai scelto questo brano per lanciare il tuo disco?

Per il discorso appena fatto, perché dobbiamo alimentare il sentimento di sentirci figli di questa terra e fratelli, così Terra sta ad identificare il luogo della rivoluzione esteriore, Mia il luogo della rivoluzione interiore. Mia significa che è dentro il mio cuore, così come nel tuo. La Terra, invece, è la Madre. Chi lascerebbe sua madre in balia di vampiri, parassiti, violentatori? Ecco allora che difendo la Terra che mi ha dato i natali, come fosse, ma lo è, mia madre. E la difendo a spada tratta: cioè dentro di me e fuori di me non ci sono luoghi dove i padroni possono riposare, ben che meno nel mio cuore e sulla nostra Terra. Il regista, W. Stomeo di Folkolore, è stato un mago e con la bacchetta del suo mestiere ha tirato fuori e messo in evidenza i segni presenti nella canzone, ma utilizzando la poetica del “girato filmico”, dando valore a ciò che viene sussurrato. Io gli ho solo raccontato come era nata la canzone: un giorno ero a pesca sul lungomare di Roca e ho trovato, nonostante lo sguardo rapito dalle mura del Castello, il prof. Pagliara, archeologo, che ha dedicato la sua intera vita agli scavi di Roca, importante città messapica, ma soprattutto sede di un santuario del Mediterraneo, con almeno 4000 anni di storia. Ho immaginato cosa potesse pensare in quel momento il professore (Pagliara) e quelle parole, che mi sembrano ancora oggi dettate da lui stesso, sono diventate l’intro di TerraMia. Da lì è partito il viaggio artistico di Walter, anche lui un poeta.

Sud Sound System: capitolo chiuso chiuso chiuso?

Sine sine sine, per quanto il mio cuore senta rabbia e dolore.

Quali sono gli attuali ascolti musicali di Treble?

Mare, cicale e passeri della pineta dietro casa, le voci della gente, il mio album, la radio, tutto quello che passa.

E qual è, invece, l´obiettivo artistico del tuo progetto musicale?

Cercare di alimentare il coraggio di mettersi in gioco con la propria musica, provare ad aumentare il livello di consapevolezza di chi ascolta la nostra musica, riflettere sulla necessità di lasciare i padroni con un nulla di fatto, anche se sembra l’opposto. Come ultimo non farci prendere da loro né il cuore né la terra. I soldi se li possono pure mangiare.

Grazie mille. E magari ne itimu a Roca..
Grazie a te, beddhru, ne itimu a Roca, ma passa puru de San Foca!

 

Matteo D´Amico

22 luglio 2015

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