Sono sbarcati a Sanremo gli Spandau Ballet, storica band britannica formata alle fine degli anni ’70 e vera icona dei successivi ’80.
Riunitisi nel 2009, lo scorso anno è uscito “Soul Boys of the Western Worlds”, film-documentario sulla loro storia, la crisi, la rinascita. Esattamente a 30 anni dalla loro prima esibizione all’Ariston con I’ll fly for you, questa sera ci torneranno con un piccolo medley delle loro indimenticabili hits.
Lo sguardo della band è tutta rivolta al presente e al futuro, e le incomprensioni e i problemi sono, almeno a detta loro, alle loro spalle (e in questo il film è stato probabilmente catartico).
Per Tony Hadley, voce inconfondibile del gruppo “La cosa più importante è essere a Sanremo, è la quarta volta, un record. Così come tornare poi in Italia per un piccolo tour, dal 24 marzo a Milano (per poi toccare Torino, Padova, Firenze, Roma). È un paese pieno di passione, un pubblico meraviglioso, senza contare la grande cucina e il vino”.
Inevitabile domandarsi come abbiano trovato cambiato il mondo della musica dopo la reunion.
“Quando siamo nati non c’era internet, non c’era il cellulare… però la musica è suono, siamo stati una delle migliori band e speriamo di essere di nuovo a quel livello. La musica in fondo è esibirsi dal vivo, sapersi connettere al pubblico. E questa cosa non potrà mai cambiare con i tempi e le mode”.
In merito al nuovo tour, cosa proporrete?
“Questo tour è la Celebrazione di noi stessi, dai pezzi vecchi ai nuovi brani. Sappiamo che le nostre canzoni possono aver segnato momenti delle vite delle persone, vogliamo tornare a regalargli quelle emozioni”.
Che musica farete in futuro e quale ascoltate oggi?
“Ascoltiamo soprattutto i Led Zeppelin, anche se abbiamo gusti diversi, ci piace il rock, il soul: è questo il bello della band, ogni nostra influenza confluiscono nel nostro sound. Abbiamo registrato tre tracce nuove per il nuovo Best of: abbiamo superato i nostri problemi e questi 3 brani sono usciti in tempi brevissimi, c’è molta creatività. Sarebbe un peccato non creare un nuovo album con questi nuovi stimoli. Abbiamo trascorso gli ultimi 2 anni nella produzione del film. Negli anni ’80 sperimentavamo coi videoclip, ora con il cinema, anche documentaristico”.
Come pensate di intercettare il pubblico più giovane, che non vi conosce?
“I giovani con internet e i nuovi mezzi sentono parlare di noi vengono tutti a vederci, ai nostri live vengono diverse generazioni”.
È una rivincita avere palazzetti pieni quando all’epoca la vostra musica veniva considerata di plastica?
“Chi l’ha detto è sicuramente un idiota (ride, nda). Difficile mantenere per decenni questo successo, impegno e lavoro sono fondamentali. Adesso ci sono 20 produttori intorno a una band, se ora si vince un Grammy tutti ne rivendicano la vittoria, forse è questo più di plastica”.
Nota di colore: Tony si è rivolto a un collega russo in sala stampa: “In Russia non ci siamo mai venuti, ci piacerebbe venire, se conosce qualcuno… Altrimenti veniamo a suonare a casa sua!”
Andrea Grandi
12 febbraio 2015 |