Abbiamo ascoltato i 28 brani dei 14 Big durante le prove.
L’impressione è che Fazio abbia mantenuto la promessa: questo Festival avrà al centro la musica.
E musica di qualità, sia per valore autorale che prettamente musicale.
I temi trattati; la perdita (compreso il tema della morte), l’assenza, ovviamente i sentimenti (la parola “amore”, come nella miglior tradizione festivaliera, è quella più preponderante fra i testi), la crisi economica e politica, il peccato, lo scorrere del tempo, qualche riferimento a Dio, i social network (Dispari dei Marta sui Tubi), la globalizzazione (Almamegretta), le proteste di piazza (Daniele Silvestri).
I brani hanno spesso un sapore vintage, swing, jazz, teatro canzone. Nessun brano particolarmente brutto, una manciata quelli inutili e altri che hanno un pregevole vestito ma una consistenza limitata.
Sorprende, su tutti, l’irresistibile “Sotto casa” di Gazzè e il genio, più attivo che mai, degli Elio e Le Storie Tese (ne “La canzone mononota”).
Nessuno fa da tappezzeria, anche l’outsider Maria Nazionale presenta due brani più che dignitosi.
Ecco i 2 brani di ogni singolo Big (in bold l’indicazione del brano che al primo ascolto ci ha maggiormente convinto).
MARCO MENGONI
"L´essenziale" (Roberto Casalino): Classica ballata, prima il piano, poi chitarra e gli archi. La voce di Marco stavolta è ben calibrata, con limitati voli pindarici, anche se ben si dispiega nel crescendo.
"Bellissimo" (Gianna Nannini/Pacifico): Brano più ritmato, parte subito con la cassa. Archi vibranti che ben si sposano con la sua voce, bridge potente, refrain orecchiabile.
DANIELE SILVESTRI
"A bocca chiusa" (di Daniele Silvestri): Daniele al piano, accompagnato solo dagli archi, mostra il suo volto più intimista. Risalta il contrasto fra la musica dolce e la crudezza delle parole. Intensa, essenziale, coinvolgente, come la pausa nell’intermezzo che aumenta di velocità e di pathos sino al finale.
"Il bisogno di te" (di Daniele Silvestri): Ed ecco il Silvestri guascone, uno scioglilingua ritmato e ballabile, sulla falsariga di “Salirò” o La paranza”. e all’effetto il sapiente uso dei fiati.
Due brani diversi fra di loro, entrambi interessanti.
SIMONA MOLINARI con PETER CINCOTTI
"Dr. Jekyll Mr. Hyde" (Lelio Luttazzi) Piacevole, sbarazzina, retro. La collaudata coppia si amalgama bene vocalmente (anche sulla scena).
Peter si scatena al piano, lei lo osserva, sembra di stare in un bel club americano. Finale scoppiettante dove la voce di Simona s’inerpica su note altissime. Bravi.
"La felicità" (Molinari/Vultaggio/Cincotti/Avarello): Qui apre le danze Peter, per poi lasciare maggiormente la scena a Simona.
Ritmo, brano arioso e al contempo malinconico nel testo. Più d’impatto il primo brano, pur essendo più complesso nella struttura.
MARTA SUI TUBI
"Dispari" (Marta sui Tubi): brano folk con innesti orchestrali e melodici azzeccati, dal ritmo a tratti sincopato e quasi rap. Finale intenso ed elettrico. Per molti potrebbe suonare un po’ dispersivo perché merita più ascolti.
"Vorrei" (Marta sui Tubi): Pezzo meno orecchiabile ma corposo, con costanti cambi di ritmo e atmosfera. Anche questo, da assimilare con più ascolti.
MARIA NAZIONALE
"Quando non parlo" (Enzo Gragnaniello): Musicalmente elegante, chitarra e percussioni, dal sapore di fado, melodia aperta, specialmente nel refrain, ma non scontata.
"E´ colpa mia" (di Fausto Mesolella e Peppe Servillo): Canzone in napoletano (comunque comprensibile), dove la bella voce di Maria risalta appieno, tra gli archi e il piano, che poi prende anche ritmo, suadente e avvolgente. Atmosfera quasi tragica, pathos elevato. Sicuramente di maggior impatto della prima canzone.
CHIARA
"L´esperienza dell´amore" (Federico e Domenico Zampaglione): Altra ballata che inizia con voce e piano e quasi immediati rimbalzi ritmici. Nel refrain la voce di Chiara “ti viene addosso come un treno e ti sommerge come un’onda”. Raffinato ma dall’impatto limitato.
"Il futuro che sarà" (Francesco Bianconi/Luca Chiaravalli/Lisette Gonzalez-Alea): Un tango-pop immediato, dal ritornello particolarmente potente. Suoni moderni uniti a strumenti più tradizionali, come la fisarmonica.
MODÀ
"Se si potesse non morire" (Francesco Silvestre): ballata classica, molto pop, poco rock. Refrain in pieno solco Modà, ossia orecchiabile, carico di pathos e intensità vocale, ma hanno firmato brani più efficaci.
"Come l´acqua dentro il mare" (Francesco Silvestre): pezzo più arioso ed emozionante, con intro su chitarra classica, e dalla struttura più eterogenea.
MALIKA AYANE
“Niente” (Giuliano Sangiorgi): La sua voce culla e confeziona un brano non semplice, dal tappeto sonoro quasi essenziale, che si apre lentamente e si richiude con eleganza. Forse pure troppa.
“E se poi” (Giuliano Sangiorgi): Qui il ritmo è subito in evidenza, scandito anche dal piano, e il brano arriva immediatamente, con la sua carica un po’ vintage e malinconica, donata dall’importante supporto d’archi. Manca però una vera apertura.
SIMONE CRISTICCHI
"Mi manchi" (Cristicchi/Di Salvo/Pacco): Brano semplice, intimista, squisitamente dolce, un elenco di immagini poetiche e quotidiane, che potrebbe piacere molto ai più piccoli (suo figlio l’ha promossa senza esitazione), impreziosito dalla fisarmonica.
"La prima volta (che sono morto)" (Simone Cristicchi): E come Silvestri, anche Simone porta due brani in cui può esprimere più sfaccettature della sua scrittura: qui più ironico, surreale e (apparentemente) più scanzonato, mentre nel Paradiso incontra personaggio famosi (Chaplin, Pertini), fino al nonno partigiano, deluso nell’apprendere che questo mondo, nel frattempo, non è cambiato. Incisi da teatro-canzone.
ALMAMEGRETTA
"Mamma non lo sa" (Della Volpe/Polcare/Tesone): Raggae tra lo scanzonato e l’impegnato (testo invece importante), ritmo e linea melodica in equilibrio. I tradizionalisti, inevitabilmente, potrebbero storcere il naso.
"Onda che vai" (Federico e Domenico Zampaglione): Linea melodica più marcata, dal forte sapore meridionale, più rassicurante. E la voce di Raiz suona più espressiva. Ma loro suonano più costretti.
MAX GAZZÈ
"Sotto casa" (F. Gazzè/M. Gazzè/De Benidittis): Partenza a razzo con cassa ad alto BPM e il suono di un citofono. Ritornello devastante, fino all’abbraccio del coro nel finale. Divertente e piacevole, anzi, semplicemente irresistibile. In radio potrà far furore.
"I tuoi maledettissimi impegni" (F. Gazzé/M. Gazzé/Buzzanca): Tra rock ed elettronica, ha una buona apertura nel bridge, sessioni ritmiche consistenti, una costruzione interessante e trascinante, crescendo d’archi. Molto buona, ma si scontra con un pezzo da 90.
ANNALISA
"Scintille" (Galbiati/Faini): Ritmo swing sostenuto, melodia orecchiabile e sbarazzina, sostenuta anche dalla fisarmonica (che quest’anno furoreggia).
Brano un po’ tamarro ma molto simpatico, la voce è ormai una certezza.
“Non so ballare" (Ermal Meta): Struttura sonora più tradizionale e brano più melodico, che mette ancora in maggior luce la qualità vocale di Nali. Ritmo un po’ piatto, per una canzone decisamente “festivaliera”.
ELIO E LE STORIE TESE
"Dannati forever" (Elio e le Storie Tese): Pop rock midtempo dalla linea melodica semplice e accattivante, l’elenco dei condannati agli inferi è lungo e preciso. Finale scoppiettante.
"La canzone mononota" (Elio e le Storie Tese): Tavolino e sedia sul palco, inizio ipermelodico, ma non fatevi fregare: i successivi, costanti e incalzanti cambiamenti di ritmo e atmosfera contrastano genialmente con la scelta di tenere la stessa nota (il do) per tutto il brano (passando per Jobim, Rossini, Bob Dylan e “Tintarella di Luna”). Esercizio di (grande) stile, da coup de theatre.
RAPHAEL GUALAZZI
“Sai (ci basta un sogno)” (Gualazzi): Incipit emozionante piano e voce, poi sostenuto dagli archi e, successivamente, dalla sessione ritmica.
Brano soul e jazz intenso e complesso.
“Senza ritegno” (Gualazzi): Piano e ritmo incalzante, bridge cadenzato, gran dispiego di fiati. Raphael migliorato anche vocalmente.
Andrea Grandi
11 febbraio 2013 |