Ciao Laura,
non sono una tua estimatrice. Impossibile dire di non aver sentito neanche una tua canzone per radio. Eppure anche lì, abbastanza velocemente e inconsultamente, il mio dito cambiava istantaneamente stazione.
Essere stata invitata ieri sera alla prima data meneghina di questo The Greatest Hits World Tour se è stato motivo di gratitudine in seguito, di primo acchito, ammetto, un ghigno beffardo ha coperto il mio volto.
Di una cosa devo darti merito: la voce. Un’estensione vocale degna di nota, senza sbavature o , quelle che io chiamo, svisate irritanti che mi lasciano sempre l’amaro in ugola. Canti dritta, canti pulita per quasi due ore. Limpida come il tuo ultimo singolo. Ciò che sei riuscita a creare in questi vent’anni ti fa onore e fa vanto a quel Made in Italy che riesce ad arrivare all over the world , seppur l’inglese tu lo mastichi molto meglio della sottoscritta (ma anche il portoghese come hai dimostrato sul palco).
È stato strano assistere da spettatrice esterna, a questa proiezione a ritroso, quasi mi trovassi in una macchina del tempo dei tuoi successi, da Se Non te per approdare a La Solitudine. Ti ricordo ancora ingiacchettata calcare il palco di Sanremo. Presumo che ti rivedrò anche quest’anno, strano dichiarato sentore. Strana dichiarata visione di te come super ospite, ritornare lì dove tutto è iniziato.
Il tuo legame con la famiglia, profondo tanto da sfociare in canzoni. La tua voglia di scherzare. Il tuo educato perbenismo, mi hanno fatto sempre un po’ dubitare sulla tua reale genuinità. Non so perché, alla fine non ci conosciamo, eppure empaticamente questa dissonanza tra la mia testa e l’immagine proiettata di te ha sempre fischiato fastidiosamente tra le mie orecchie. Ieri sera ti sei mostrata forse in parte per ciò che sei. Solare e divertita, profonda e malinconica. Penso che tale fastidio sia filtrato proprio dalla diversità delle personalità con cui ci siamo costruite la vita: tu così aperta, io così chiusa.
Ciò che è stato tangibile a questa mia prima volta sotto a un tuo palco, è l’affetto di molti accorsi: di ragazzi, ma anche uomini in tenuta ancora da lavoro, di famiglie, di vite a cui tu sei riuscita a regalare un frammento tra i ricordi. Una mia prima volta tra i tuoi cambi d’abito, con un re Giorgio che veste quella che è stata definita la regina della musica italiana, non si poteva che andare sul sicuro.
Una mia prima volta tra i tuoi discorsi cabarettistici e seri. Una mia prima volta tra i tuoi fan che mi sbattono in faccia lo sventaglio emotivo lasciato dalle tue canzoni. Voci all’unisono, braccia che si alzano, scenografie oltre che sul tuo palco anche sotto. Ti amano e probabilmente forse è vero che tutto questo “alto livello” lo vorrebbero tutti ma è solo tuo. Soprassiedo sulla punta di presunzione che ho letto in tali parole, ma si sa, de gustibus non disputandum est.
L’antitesi rilevata forse, proprio quella che mi ha fatta imbronciare, è il tuo voler proporre uno spettacolo dove regni la semplicità. Forse, cara Laura, sono limitata io che per semplicità intendo un palco, la band, jeans e t-shirt senza orpelli di sorta. Senza balli flou, senza (seppur moderate) installazioni, senza ennemila cambi d’abito, senza tendoni che scendono e si alzano a segnare nuovi atti.
Ti ripeto, limite mio. Onestà concettuale vuole che io ammetta la grande qualità della produzione e della performance a cui ho assistito ieri. Una ventata internazionale, che forse spazza via anche queste futili sottigliezze.
Elena Rebecca Odelli
17 dicembre 2013 |