Teatro degli Arcimboldi, Milano 10 dicembre.
Nebbia fitta e densa, ecco cosa ha accolto il romano Gazzè ieri sera nella sua data meneghina per questo Al Teatro Sotto Casa. Arrivo facendo uno slalom tra macchine e semafori, di corsa, quasi dovessi guadagnarmi un posto in transenna. Sbadata come ogni Pesci che si rispetti, mi ero completamente dimenticata che questo live era ubicato in un teatro. Un bel sospiro prima di entrare, i polmoni si gelano al contatto con quest’aria polare, penso e mandiamo a benedire il ricordo che ho di Gazzè con la data estiva al Carroponte che fu. Prevenuta, ormai è conclamato. L’Arcimboldi è uno dei teatri con l’acustica migliore, e le poltroncine migliori, tendo a sottolinearlo a monte, è un mio problema e solo del mio lato B quello di non riuscire a stare seduta per quasi 90 minuti senza potermi muovere. Cosa potrà mai fare una donna in questa circostanza? Parlare con un’altra sua simile. Cosa ne consegue? Che veniamo entrambe messe in punizione, mancava la lavagna e le orecchie d’asino.
Gazzè è il bassista numero uno in Italia e mi assumo la responsabilità che il superlativo “migliore” comporta. Questa cosa è risaputa, trita e ritrita in ogni dove, riesce a far parlare lo strumento quasi anch’esso avesse qualcosa da dire. Al Teatro Sotto Casa è un mash up emotivo. Si passa dai brani amati dai puristi Gazziani della prima ora come Quel che fa paura, Sposa, Cara Valentina, LA Favola di Adamo ed Eva a brani della nuova generazione musicale Max (I tuoi maledettissimi impegni, Sotto casa come status symbol), con una naturalezza disarmante. Virate di stile e genere proprie di chi la musica la studia, la ama e la fa da anni celebrandola sull’altare (ma questa è altra citazione riferita, nda).
Al Teatro Sotto Casa non trovi virtuosismi grafici, installazioni degne della mostra del cinema di Venezia. Al Teatro Sotto Casa è per questo rock, strumenti tra le mani, voce calda e via di musica. Il teatro ti lascia quel tepore domestico tra le ossa e la platea è immersa nel cogliere l’attimo in cui lo scroscio delle sue mani, non desta disturbo alle file dinnanzi o dietro. Una platea timorosa la definirei, ma si sa, i fan di Gazzè non sono fanatici di ogni età. Max ha sempre vantato un pubblico attento, pacato, composto come la musica che propone. Pacatezza che è andata a farsi benedire su Sotto Casa, quando il teatro è stato occupato e la dimensione seduta è risultata scomoda ai più, accorsi per saltare sulle note di quel brano che ha riportato Gazzè nella giusta posizione all’interno del firmamento musicale italiano.
Si parla spesso di qualità. Indubbiamente lo spettacolo a cui ho assistito segna una tacca alta in questo senso, seppur (mi rammarica ammetterlo), rispetto alla data estiva, si priva di quel dinamismo proprio dell’anima vivace dell’artista romano. Max indiscutibilmente è mastro e maestro del palcoscenico dove calca le scene presentando uno spettacolo che pone l’accento, a prescindere, sul valore di una musica lontana da virtuosismi di genere e ugola, ma vicina a una tecnica inenarrabile e a testi con un architettura inconfondibile che da sempre hanno segnato quel tratto inconfondibile attorcigliato alla vita del cantante di quella che era la scuola romana.
Elena Rebecca Odelli
11 dicembre 2013 |