Ciao ragazzi, 

è strano darvi del tu, penso che, dopo dieci anni trascorsi insieme, voi su di un palco, io sotto, sia normale. 
Avevo scritto pagine e pagine in maniera tecnica e matematica riguardo la potenza del suono, la strumentazione, la produzione impeccabile che vi circonda. Ho cestinato tutto e ho deciso di scrivere come mi è più consono in questa unica circostanza: di pancia. È strano darvi del tu, dicevo, non per una qualsivoglia differenza relazionale, ma per una questione di rispetto musicale. Dieci anni sono davvero tanti. Sono colonne sonore di momenti di vita, sono asfalti e gole infiammate ogni volta. Dieci anni sono occhi che mutano insieme a voi. 

C’era una volta, dieci anni fa, questo sarebbe l’incipit perfetto di questa storia non-semplice ma sicuramente sbalorditiva, considerando il bistrattato panorama musicale odierno.
Dieci anni e ancora una volta trovarsi in un palazzetto. Dieci anni e forse per la prima volta ho avuto l’onore di guardarvi attraverso gli occhi incantati di un bambino di sei, seduto sulla transenna immobile. Ho capito la vostra potenza quando ha iniziato a cantare “Meraviglioso”, scoprendo un Modugno di cui forse senza di voi, è il caso di dirlo, non avrebbe conosciuto impronta. Guardare un vostro concerto attraverso le sue pupille fisse, vederlo senza parole quando tu, Giuliano, ti sei avvicinato per abbracciarlo e cantargli quello sprazzo di canzone quasi fosse una dedica involontaria, fa capire quale sia il merito (solo vostro) di questi dieci anni: regalate magia.

In questo mondo dove il cinismo e eventi economici e catastrofici, fanno perdere sempre più la voglia di “provare” qualcosa, voi riuscite ogni volta a sbatterci in faccia le vostre emozioni attraverso quelle canzoni che ci fanno inciampare in attivi di vita passata e presente. Uno stargate emozionale. Sono saliscendi umorali, come montagne russe ogni minuto di ogni concerto di questa Una Storia Semplice- Tour invernale. Esplosione e riflessione, in un continuo up and down umorale dove gli occhi rimangono incantati fissi su di voi, i piedi battono quasi fosse l’unico moto pensabile quel momento. Le mani applaudono, le voci si uniscono. 

Dieci anni, sono persone che crescono e maturano - notate bene il non uso del termine “invecchiano”, perché quella è una questione d’animo, ormai è risaputo. Dieci anni sono persone che crescono – dicevo - da una parte voi e dall’altra noi. Arrivare al palazzetto vuol dire vedere occhi noti e occhi nuovi accomunati dalla voglia di emozionarsi ancora una volta attraverso le vostre note. Dieci anni sono chilometri e vite che si snocciolano sulle frasi di ogni vostra canzone, che questo tour riesce a racchiudere all’interno di una grande proiezione chiamata concerto. Il Palabam è esploso ieri sera e se ciò è stato possibile, è stato grazie a voi, ma anche grazie a chi è accorso per dirvi e dirsi Tanti auguri, per questi dieci anni di emozioni che incidi come brividi che corrono lungo la schiena in questi anni di merda (per citarvi). 

Nota di leggerezza: il balletto finale durante i saluti? Sì. Al di là della performance ballerina (tranquilli, non vi si chiederà di partecipare ad alcun Ballando con le stelle e simili) forse è in quell’attimo che si racchiude la vostra capacità di divertirsi ancora, su quel palco che è casa vostra – ma mi permetto di dire – anche un po’ nostra. 

Mi piace sempre la parola merito, perché implica qualcosa di non-dovuto. Il vostro merito ragazzi è quello di avere un dono: il dono di racchiudere ennemila vite differenti in un locale, palazzetto, teatro, stadio e farle battere all’unisono, affamate dell’adrenalina che ogni volta, a fine concerto, si imprime tra cuore, arterie, vene, muscoli, polmoni e anima. 

Tanti auguri ragazzi per questi dieci anni, tanti auguri anche noi che non abbiamo perso la capacità di lasciarci emozionare 

Con affetto,

Elena Rebecca Odelli

24 novembre 2013