"Maya" è un album che divide, perchè ci restituisce una M.I.A. irriconoscibile se non per l´audacia con cui affronta questa nuova sfida. Non c´è traccia del dancehall e del punk di "Arular" né dell´hip hop esotico di "Kala", ed è come se M.I.A. avesse voluto scrollarsi di dosso la pericolosa etichetta di artista trasversale gradita alle masse: ascoltare le riflessioni politiche e le denunce sociali di M.I.A. era diventato, diciamocelo, molto di moda. Cos´altro poteva andare ad aggiungere alla sua carriera quando aveva già recriminato la violenza coercitiva a cui erano sottoposti i civili Tamil in Sri Lanka, la povertà consumistica dei bambini, e quando era arrivata a creare un sound personale e unico costruito attorno al sound ipnotico del tamburo urumee? La posta in gioco era altissima, soprattutto dopo essere arrivata a un pelo dal Mercury Prize (nel 2005 con "Arular"), dal Grammy (per Paper Planes) e aver partecipato alla premiata ed acclamata colonna sonora di "The Millionaire" di A.R.Rahman, vincitrice del premio Oscar per Best Original Score nel 2009.
Mathangi "Maya" Arulpragasam, carica del fardello della fama e designata, un po´ a sorpresa, lo scorso anno dal Time come una delle 100 persone più influenti del pianeta, ha fatto la scelta più saggia: ritirarsi dalle scene per prendersi una bella boccata di ossigeno. Ha partorito il suo primo figlio e si è dedicata alla famiglia, salvo poi cercare la porta di uno studio di registrazione tra Los Angeles e le Hawaii per rinchiudersi assieme ai più fidati amici per spingere ancor più oltre la linea di confine in precedenza tracciata. Alla produzione i collaboratori di lunga data Diplo, Switch ed il fratello Sugu Arulpragasam, aiutati dalla linfa creativa ancora di nicchia apportata da Blaqstarr e Rusko, personalità abituate a lavorare e creare tra improvvisazione e live sessions; un lavoro di squadra complicato, perchè ha visto affiancati ai "mainstream" Diplo e Switch due nomi per conoscitori quali quelli di Blaqstarr e Rusko; non solo, Diplo ha confidato nel corso di un´intervista di non esser potuto andare a casa di M.I.A. a lavorare e provare come gli altri in quanto suo ex compagno, quindi non benvoluto agli occhi dell´attuale boyfriend.
Il risultato è un disco schizofrenico e dall´anima convulsa, in preda a scariche epilettiche di produzione ora ricercata ora ruspante, molto rifinito e dalle sonorità elettroniche astratte. Il tema principale riguarda le modalità di information retrieval, ossia la ricerca di news e contenuti che passa dal feed televisivo ai motori di ricerca. "Cerchi ´Sri Lanka´ su Google e non vieni mica a sapere di tutte quelle bombe che hanno ucciso migliaia di bambini", spiega M.I.A., "bensì trovi link sulle vacanze, il mare, devi arrivare alla pagina 56 per leggere qualche notizia ´scomoda´. Ho pensato con questo disco di ripristinare il dovere di una corretta informazione, perchè diventa sempre più arduo venire a conoscenza di questo tipo di cose". Tempo due giorni e M.I.A. è stata raggiunta da minacce di morte a lei e alla sua famiglia. Fa politica, M.I.A., certo, ma fa anche arte e lo fa con un´onestà di fondo difficile da reperire in un mondo della musica dove ogni dichiarazione viene esibita come un trofeo da sedicenti artisti preoccupati più di ripulirsi l´immagine che difare del bene. L´artwork di "Maya" rispecchia questa tematica di sovraccarico informativo volutamente disorientante: gli occhi di M.I.A. nascosti dietro un turbinare di barre del palyer YouTube; una visione sulla privacy nel Nuovo Millennio, ma anche un riferimento all´informazione distorta e distratta a cui abbiamo accesso. Come nel caso di Lovalot, che prende spunto dal caso della kamikaze bambina si è fatta esplodere nella metropolitana di Mosca per vendicare la morte del marito, e dove il ritornello I really love a lot arriva a confondersi con il proclama I really love Allah. O ancora Born Free, dal video carico di violenza e di metafore politiche attendiste, presto ritirato dal web per il suo eccessivo gusto cruento; la violenza estrema come soluzione finale a una spirale di violenza perpetrata da secoli, un messaggio forte e difficilmente condivisibile.
Se la percezione di "Maya" è caotica e a singhiozzo, a soffiare sul fuoco ci ha pensato addirittura Diplo, che di recente di fronte alla prima ondata di recensioni al vetriolo ha dichiarato che "M.I.A. si è totalmente disinteressata, a mio parere, di quest´album (...) non ha voluto confrontarsi con nessuno e ora che è uscito il disco non si può tornare indietro. Ha voluto fare di testa sua e questi sono i risultati. ´Maya´ convinceva poco tutti noi dello staff ma a lei non importava, diceva che se ne fregava delle recensioni negative, che poi sono arrivate".
Non solo, la pubblicazione di "Maya" è stata preceduta da un vero e proprio affaire da tabloid che ha visto contrapposte M.I.A. e la giornalista del New York Times Lynn Hirschberg. Questa, autrice di un´intervista giudicata troppo rimaneggiata e travisata (arrivava ad accusare l´artista di supportare il terrorismo e la guerriglia delle Tigri Tamil), si è vista travolgere da una vera e propria purga mediatica da parte di M.I.A., che prima ha pubblicato sul sito della sua etichetta, la N.E.E.T., l´audio dell´intervista registrato di nascosto, poi ha composto una canzone contro l´accaduto (I´m A Singer, non presente sull´album) e ciliegina ha pubblicato sul suo profilo Twitter il numero di cellulare della giornalista con la scritta "L´informazione è un´opinione", suscitando critiche e disapprovazione da più parti ma anche entusiasmo da parte di chi ha visto in M.I.A. una paladina dell´arte di fronte all´impunito Quarto Potere.
"Mi basta essere onesta con me stessa", ha detto M.I.A. a più riprese, e "Mata" è un appello disperato per chi ancora non l´avesse capito: una vera e propria rivoluzionaria dei tempi travestita da provocatrice.
web: www.miauk.com
Elisa Bellintani
(23 ottobre 2010)
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