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 CROOKERS
CROOKERS WITH A LITTLE HELP FROM MY...
WITH A LITTLE HELP FROM MY...

Alcune storie hanno dell�incredibile, e quella di questi due ragazzi italiani che in brevissimo tempo sono arrivati ad essere uno dei fenomeni di rilievo della scena dance ed elettronica degli ultimi anni, è certamente interessante: non tanto per gli importantissimi risultati che hanno raggiunto, arrivando ad essere un punto di riferimento per la stessa scena musicale che li aveva influenzati, quanto per la naturalezza con cui lo hanno fatto, una naturalezza che nasce dalla passione e che traspare anche sentendoli parlare della loro musica. Già noti nella scena per i loro primi remix di Chemical Brothers e Armand Van Helden, sono in breve approdati alla Southern Fried Records di Norman Cook (aka Fatboy Slim), con cui hanno prodotto una serie di EP che li ha portati al successo planetario, un po� grazie al tam tam del web e un po� grazie al fortunatissimo remix di Day n� Nite, brano che ha scalato le classifiche inglesi e ha lanciato l�allora sconosciuto Kid Cudi. Richiesti per da artisti del calibro di U2, Britney Spears e Lady Gaga, i Crookers potevano decidere di vivere sugli allori, di cavalcare l�onda di quell�hype che loro stessi hanno creato: Phra e Bot ha deciso invece di uscirsene con un album, “Tons Of Friends”, che non ha nulla (o quasi) a che fare con quello che tutti si potevano aspettare da loro.

Innanzitutto raccontateci qualcosa della vostra storia personale: quali sono le influenze che vi hanno portato a costruire un sound così particolare?
Phra “Ho iniziato a suonare da piccolo il pianoforte e la chitarra, solo più tardi quando ha iniziato a diffondersi l�hip hop mi sono avvicinato al mondo dei dj, ho cominciato a fare rap e a fare delle produzioni in quel senso. Poi mi sono interessato alla house e ho iniziato a fare cose diverse, con sintetizzatori e altra roba”.
Bot “Anche io ho cominciato a suonare il pianoforte da bambino, e a 14 anni ho iniziato ad ascoltare metal e così mi sono dato alla chitarra. Poi facendo graffiti sono entrato nel mondo hip hop, e quando ho deciso di comprare i piatti per iniziare a fare scratch la persona che me li ha venduti mi ha dato dei dischi di elettronica e mi sono avvicinato anche a quel mondo”.

Come vi siete conosciuti, e avete deciso di diventare i Crookers?
Phra “E� stato quando mi sono trasferito a Milano per un paio di anni: facevo già il dj in giro per l�Italia e andavo a comprare i dischi nel negozio dove lavorava Bot, così passavamo i pomeriggi nel negozio a parlare di musica, di quello che ci piaceva. Il primo remix fatto insieme è nato per caso, perché io ero nuovo a Milano e gli ho chiesto di utilizzare il suo studio”.

Siete in attività dal 2003, ma la vostra esplosione l�avete avuta con il remix di Day n�Nite, con cui avete praticamente “lanciato” Kid Cudi. Vi aspettavate un successo del genere?
Phra “Beh, ad essere sinceri non credo che il nostro picco massimo sia stato quello, almeno non per noi: il momento in cui abbiamo capito che le cose stavano veramente funzionando è stato piuttosto quando abbiamo capito che a personaggi come Chemical Brothers e Armand Van Helden piaceva la nostra musica: voglio dire, trovarsi davanti Tom Rowlands che ti fa i complimenti per come hai remixato un loro brano è una cosa che ti da una certa carica!”.

Questo è poco ma sicuro, però credo che piazzare un brano al secondo posto in UK non sia stata una brutta sensazione, no?
Phra “Beh certo, quello è stato sicuramente un bel momento! Più che altro ci ha aperto la strada verso il grande pubblico, e ha fatto conoscere tutta una certa scena musicale al mainstream. Anche Erol Alkan ci ha detto che è stata una cosa positiva per tutti, perché ha mandato in classifica una cosa che in teoria non avrebbe dovuto esserci”.

Non siete il primo caso di musicisti italiani, nel mondo dell�elettronica e della dance, che trovano terreno fertile all�estero mentre in Italia non riescono ad emergere.
Phra “In Italia abbiamo rinunciato perché non riuscivamo a fare niente, in qualsiasi modo cercassimo di mettere fuori le nostre cose ricevevamo solo dei no: poi ci siamo invece accorti che all�estero, al contrario, c�erano solamente dei gran sì, ed è stato quello il momento in cui abbiamo preso un po� più di coraggio e di fiducia in quello che stavamo facendo. In Italia musicalmente non seguo molto, ma la difficoltà che c�è è quella di non riuscire a rischiare, ad uscire dagli schemi, quindi molte cose rimangono ferme”.

A proposito di rischi: dopo ben nove EP e un mixtape, come mai avete fatto un disco vero e proprio, così lungo poi? Per giunta in un periodo in cui si tende sempre più a produrre dei singoli, come hanno dichiarato di voler fare i Groove Armada, mettere insieme più di venti brani è una scelta decisamente in controtendenza.
Phra “Innanzitutto non avevamo mai fatto un album, quindi volevamo provare: riuscire ad incastrare tutto è stato devastante, e ci capitava che qualcuno ci chiedesse �ma chi ve lo fa fare, di volare in giro per il mondo a registrare voci, a fare tutte queste collaborazioni�: avremmo potuto prendere dei sample, fare tutto a distanza, ma volevamo fare questa esperienza e siamo contenti del risultato. La vera controtendenza è stata quella di non aver fatto un album dance: avremmo potuto fare un disco di dodici tracce �alla Day n�Nite�, e come si suol dire �tentare il colpaccio�, ma volevamo metterci del nostro e fare una cosa diversa, che si possa anche ascoltare in macchina, non mettere un dj set su disco: ci siamo presi un bel rischio e abbiamo anche dovuto litigare parecchio con la nostra etichetta inglese, perché loro si aspettavano tutt�altro e non erano per niente convinti di questa nostra idea, anche se poi hanno capito e ora sono contenti del progetto”.

Tons Of Friends” è un titolo abbastanza esplicativo, infatti la tracklist è interamente composta da featuring di ogni genere, con artisti che vanno da Kelis e Pitbull, a Will.i.am, a Major Lazer. Come avete scelto le persone con cui collaborare?
Phra “In realtà tutto è stato fatto in modo abbastanza casuale: in questi anni suonando abbiamo fatto il giro del mondo due volte, e abbiamo avuto modo di conoscere tantissima gente; con quelle persone con cui ci siamo trovati meglio abbiamo cercato di collaborare, e infatti ci sono nomi famosi accanto ad altri che lo sono un po� meno se non sei dell�ambiente. Quasi tutte le collaborazioni sono nate per caso, per amicizia, chiedendo direttamente all�artista se voleva fare qualcosa assieme; altre le abbiamo proprio cercate, come quella con i Soulwax, perché sono grandissimi e abbiamo pensato che fare qualcosa con loro sarebbe stato straordinario”.

Con chi vi siete trovati meglio, con cui vi è piaciuto di più lavorare?
Phra “Beh, umanamente direi Soulwax e Mixhell, per l�atmosfera che si è creata nello studio: loro adorano gli italiani e ci siamo fatti un sacco di risate, tant�è che con loro abbiamo fatto due canzoni, quella per il nostro disco e una per il loro prossimo lavoro come 2 Many DJs. Professionalmente invece la migliore è stata quella con Roisin Murphy: è una delle persone più geniali con cui abbiamo lavorato, era esattamente quello che ci aspettavamo avendo ascoltato i Moloko. Pensa che noi siamo arrivati in studio in ritardo per colpa dell�aereo e l�abbiamo trovata che si era già messa avanti: ci ha detto �beh, così intanto sentite qualcosa e mi dite cosa ne pensate�”.
Bot “E� stato veramente incredibile: inizialmente dovevamo fare solo un pezzo con lei, ma quando abbiamo finito avevamo ancora due ore di studio di registrazione prenotate, e invece di andarsene a casa si è messa lì e ha buttato giù di getto questo pezzo, Royal T, che poi è entrato a far parte della tracklist, ed è forse il mio preferito proprio perché è uscito in modo così spontaneo”.

Avete un metodo che seguite nelle vostre collaborazioni, o vi adattate di volta in volta?
Phra “Seguiamo un metodo estremamente libero: partiamo da una ventina di beat, anche in bassa qualità, solo delle demo realizzate col computer; chi collabora con noi ne sceglie tre e inizia a buttare giù le sue idee su testo e melodia, con la massima libertà. Quando vediamo che comincia ad esserci un�idea meglio definita registriamo in maniera definitiva e in alta qualità le linee vocali, poi inizia il nostro vero lavoro, al termine del quale può anche capitare che i beat iniziali siano completamente scomparsi e siano rimpiazzati da altro. E� tutto un work in progress!”.

Una curiosità, che ormai è diventata una domanda di rito con artisti del vostro genere: analogico o digitale?
Phra “Quando abbiamo iniziato lavoravamo in analogico, ma con il cambiare dei tempi abbiamo iniziato ad utilizzare il computer, che è una cosa che ci ha salvato e ci ha cambiato completamente la vita: ora addirittura utilizziamo solamente il laptop anche durante il live, e qualsiasi cosa registriamo finalizziamo sempre tutto a casa in tranquillità sul nostro computer. Noi lavoriamo veramente così, senza farci troppi problemi tecnici, una cosa che ci ha portato anche in situazioni assurde, tipo noi che arriviamo in questo studio costosissimo, quello dei Black Eyed Peas, pieno di macchinari costosissimi, per lavorare con Will.i.am, e chiediamo se ci danno un attacco mini-jack, quello per normali cuffie, per far sentire le nostre cose: ci hanno detto �ma se ci dicevate qualcosa vi facevamo trovare la vostra scheda audio�, e ci guardavano veramente come se fossimo dei matti, ma noi ci troviamo bene così!”.

web: www.crookers.net

Alberto Lepri
(03 maggio 2010)

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