Le favole sono belle storie con finali lieti; il mondo delle favole, talvolta, interseca l’incedere della vita vera e regala esperienze ed incontri che insegnano come queste belle storie, alla fin fine, possono essere alla portata di tutti. La storia di Melanie Fiona è un po’ quella di Cenerentola, ragazza semplice e sfortunata che incontra il Principe Azzurro e diventa Principessa, solo che Melanie non è una sprovveduta e ha carattere da vendere, il Principe non è Azzurro ma è Kanye West e il suo sogno non è fare la Principessa ma esprimersi e avere un contatto con le persone attraverso la musica. Detto fatto. Prima ancora di avere un singolo pubblicato Melanie Fiona viene notata da Kanye West, che nel 2008 la porta con sé in tour in Europa e le regala quella dritta che fa smuovere ogni cosa per il verso giusto: la pubblicazione di Give It To Me Right, uno stuolo di produttori che vogliono lavorare con lei e un album, “The Bridge”, destinato a far molto parlare di lei. Voce potente e autentica, un controllo tecnico impressionante, un sound spumeggiante che risulta al medesimo tempo vintage e contemporaneo.
Tutti gli artisti hanno una storia da raccontare. Qual è la tua?
“Sono nata in Canada, a Toronto, ma i miei sono originari del Centro America, Guyana, sono emigrati perché cercavano una vita migliore per la famiglia. Sono cresciuta con la musica: mio padre suonava la chitarra e mia madre cantava spesso per casa, e mi faceva ascoltare di tutto: soul, soca, reggae. Ho sempre cantato. Al liceo ho capito che volevo diventasse la mia vita e ho incominciato a cercare di ottenere un contratto serio; me lo ha dato Steve Rifkind, che per primo mi ha voluta esattamente come ero senza provare a cambiare una virgola di me”.
E poi c’è stato l’incontro con Kanye West …
“Mi ha cambiato la vita! Ero una “signorina nessuno” e lui mi ha voluta con sé in tour, avendo ascoltato un mio demo. Mi ha presa a scatola chiusa, sono salita sul palco senza aver pubblicato nulla … È stato molto emozionante”.
Una “signorina nessuno” che peraltro viene dal Canada; un mercato decisamente particolare, no?
“In Canada è molto facile sentirsi arrivati ed accontentarsi: è un Paese più grande degli Stati Uniti ma con una popolazione equivalente a quella della California. Per questo l’industria discografica è poco coraggiosa, se vuoi uscire da questo sistema devi essere pronto a metterti in discussione e prenderti dei rischi”.
“The Bridge” è il tuo contributo al rischio, allora. Ma un ponte tra quali sponde?
“Tra i generi musicali, gli stili, le culture e le persone. Vuole essere un punto di incontro e di esplorazione, la mia finestra su tutte le sfaccettature”.
Salaam Remi (Amy Winehouse), Andrea Martin (Angie Stone e Leona Lewis), Future Cut (Lily Allen e Estelle), Vada Nobles (Lauryn Hill), Peter Wade (Natasha Bedingfield), su “The Bridge” ci sono tutti. Ma come hai fatto?
“Non ho fatto nulla! Hanno voluto lavorare con me, e sono onorata che il mio disco sia anche e soprattutto merito loro. Mi hanno aiutata tantissimo e ce l’ho messa davvero tutta per mantenere un profilo alto ed adeguato alla loro professionalità; questa è la mia Grande Occasione”.
Un album che sembra rivolgersi principalmente alle donne. Come mai?
“Perché le donne sono molto più emotive quando si tratta di musica, gli uomini hanno gusto ma spesso preferiscono l’intrattenimento più veloce. Alle donne piace ritrovarsi nelle canzoni che ascoltano, e io ho voluto dedicare loro un disco perché essere donna è davvero difficile, oggi”.
Intendi in amore?
“In amore, dove tutti prima o poi hanno provato la sofferenza, e quello che io voglio dire è: ragazze, godetevi tutto il presente senza preoccuparvi troppo di quanto potrebbe fare male! Ma non solo, essere donne è anche complicato perché devi fare i conti ogni giorno con quello che gli uomini si aspettano da te”.
Il ritratto che emerge da “The Bridge” è quello di una ragazza che vive, ama e soffre ma che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Sei davvero così?
“Assolutamente sì. Non sono scesa a patti con me stessa mai, anche di fronte alla strada facile della carta sexy ho detto no, non ci sto, non è la Melanie Fiona che voglio far conoscere alla gente. Mi sono detta: piuttosto rinuncio. Invece per fortuna c’è chi ha creduto in me senza costringermi a fare cose che non mi sarei sentita di fare, come immagine, scelte di vita e musica stessa”.
In Sad Songs dici che “le canzoni tristi sono le migliori”. Perché?
“Perché ti aiutano a superare il dolore e le delusioni. Con l’immedesimazione e l’empatia si possono aiutare le persone a superare i momenti difficili; non dico che la musica aiuta a stare felici, però serve a reagire, questo sì”.
Se ti dico che in Give It To Me Right si sente qualcosa di Amy Winehouse …
“Ti dico che è un bellissimo complimento. Amy Winehouse è un’artista straordinaria”.
La musica è anche immagine. Qual è il tuo personale tratto distintivo?
“Gli accessori, perché riescono a dare personalità anche alla banalissima tenuta jeans&maglietta; gli orecchini, soprattutto, mi piacciono quelli grossi. E poi le scarpe con il tacco alto e il platform, le adoro”.
So che scatti molte fotografie dei posti che vedi e delle persone che incontri. Qual è la location in cui ora ti vorresti trovare assieme alla tua inseparabile macchina fotografica?
“Le isole Fiji! Credo che potrei quasi rinunciare a vivere a Toronto se la mia famiglia si trasferisse con me. Sfortunatamente, però, non è prevista promozione in loco; vorrà dire che ci andrò da turista a godermi le spiagge e il mare!”.
Sognare è lecito. Del resto le favole, come la storia di Melanie insegna, a volte diventano realtà.
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