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 EMIS KILLA
EMIS KILLA UN DISCO COME UNA SERIE DI EPISODI
UN DISCO COME UNA SERIE DI EPISODI

E´ uscito “Terza Stagione” (Carosello Records), il nuovo album di Emis Killa.
Il rapper torna sulle scene musicali con un disco diretto, senza filtri e censure, che vede le collaborazioni di diversi artisti come Neffa, Maruego, Fabri Fibra, Jake La Furia, Coez e Giso e Jamil e affronta temi importanti, dall’amore carnale cantato nel brano “Su di lei”, al problema dell’abuso di alcol in “Jake”, dal femminicidio di “3 messaggi in segreteria”, alla denuncia di una gioventù senza valori in “Vestiti sporchi”.

Emis, perché hai scelto “Terza Stagione” come titolo del nuovo disco?

“Terza stagione è quasi la ripresa di una serie televisiva personale. Avevo anche pensato come titolo a Emis Killa 3, ma era troppo banale. L’idea di farlo sembrare una saga è nata dalla cover che somiglia alla locandina di un film d’azione come Rocky. Questo album è simile a una serie a episodi avendo tante canzoni diverse”.

Passiamo alla cover. Di chi è stata l’idea del colore rosa come sfondo?

“È stata una scelta casuale. All’inizio questo disco sarebbe dovuto girare attorno al tema di Cult, e anche le foto del booklet erano incentrate su quello. Così abbiamo deciso di usare dei colori caldi come sfondo per le foto. Poi abbiamo cambiato il titolo che doveva essere Cult e abbiamo deciso di utilizzare un rosa più acceso e scelto questa copertina perché era d’impatto e contrastava con la mia immagine a petto nudo con i tatuaggi”.

Nei testi affronti temi diversi, in 3 messaggi in segreteria ad esempio parli della violenza sulle donne. Da dove è nata l’esigenza di trattare questa tematica?

“Non è stata proprio un’esigenza. Nel momento in cui scrivo il testo mi lascio trasportare, quando ascolto una base mi vengono in mente delle idee. Questo pezzo non è stato pensato inizialmente come brano di denuncia sul femminicidio. Alla prima strofa era una canzone d’amore, con questo ragazzo che lasciava un messaggio in segreteria alla sua ragazza. Quando ho scritto la seconda strofa mi sono reso conto che c’era quella frase forte “preferisco saperti morta che con un altro”, e quindi il pezzo aveva già assunto un gusto amaro, così l’ho esaltato nella terza strofa e gli ho fatto prendere quella direzione. Credo non serva dire non usate violenza contro le donne, perché risulterebbe didascalico, scontato,  ma penso faccia più effetto scrivere una canzone, perché ha delle immagini e queste rappresentano il succo di tutto. Nella nostra società purtroppo ci sono dei fatti scuri come questo e io cerco di essere un po’ uno specchio della società perché scrivo di ciò che vedo o vivo. Soprattutto è giusto che qualcuno sbatta questi drammi in faccia alle nuove generazioni e faccia sapere loro che queste cose accadono”.

In questo disco non è presente nessun duetto. Come mai?

“Ho tentato diverse collaborazioni con alcuni cantanti, ma non c’è stato modo di realizzare un duetto. Una traccia molto bella è rimasta fuori dal disco proprio per questo motivo; ho cercato di chiuderla coinvolgendo varie cantanti italiane ma hanno declinato il mio invito. Questo certamente fa arrabbiare. Sembra che le cantanti italiane si sentano superiori. Non ci riproverò più”.

Per quanto riguarda il sound, come hai lavorato al disco?

“A differenza di L’Erba Cattiva e Mercurio, in cui Big Fish ha curato il progetto dal punto di vista sonoro, in Terza Stagione si è occupato della direzione artistica ma ha coprodotto solo alcuni pezzi per amalgamarli al resto dell’album. Le produzioni di Big Fish sono quattro, le altre sono di produttori diversi. Questo fa sì che il disco sia più vario, come fosse una compilation. Questo perché ogni producer ha il suo stile e il suo timbro. Tutte le basi sono state scelte a istinto, senza criteri particolari, alcune mi sono piaciute da subito, altre invece mi ispiravano e i pezzi venivano da soli. Marco Zangirolami ha arrangiato e mixato i brani e alla fine sono molto soddisfatto del risultato”.

“Su di lei” è indubbiamente una canzone forte. Quando hai deciso di inserirla nel disco non hai temuto di ricevere critiche?


“Sono consapevole che sia un pezzo molto forte, ma soprattutto lo è se non lo si ascolta volendolo capire. Quel pezzo è fatto con una chiave ironica. La base era già stata usata, con un altro testo, nel mixtape Il peggiore, si intitolava Sexy Line ma nessuno la conosceva e quando la suonavamo dal vivo le madri restavano sconvolte. Non mi piace essere considerato un teen idol e quando posso dare degli strattoni sulla società, lo faccio volentieri anche per la mia stessa immagine. Io canto Maracanà, Parole di ghiaccio, ma tratto anche temi forti. La passionalità fa parte del mio carattere e se un brano di questo genere per il pubblico suona come uno strattone, vuol dire che non mi conosce”.
 
Nell’ultimo pezzo del disco, “Vestiti sporchi”,  parli della gioventù di oggi, che ha perso i valori e il rispetto verso le persone più grandi. Com’è nata questa canzone?

“Qesta canzone a differenza di altre è nata proprio da una necessità, da un sentimento reale. Se una volta le cose mi scivolavano addosso ora mi toccano più da vicino, sono forse anche più intollerante. Sono sempre in contatto coi giovani, anche via social, e spesso mi chiedo: perché fanno certe cose, non hanno più rispetto, non hanno più valori? Questo accade sui social come in strada. Quando ero ragazzino mi sentivo a disagio nel rispondere alle persone più grandi, perché la loro esperienza di vita era tale che mi schiacciava. Oggi questo non succede più. Il web ha finito per avvicinare tutti,  giovani e adulti, e questo ha portato a eliminare certe distanze e un ragazzino si permette di mandare a quel paese una persona che ne sa più di lui. Questa non è libertà di pensiero, è libertà di far sapere a tutti quanto sei stupito. E poi vedo che i ragazzi sono demotivati, non hanno più la voglia di conquistarsi le cose, anche il rapporto con le ragazze è cambiato, non c’è più il corteggiamento. Storicamente quello di oggi è secondo me il periodo peggiore per l’intelligenza umana; una volta l’uomo era forse meno colto, aveva meno mezzi, ma era più intelligente. Se ci si pensa, le ultime vere scoperte, il computer, il telefono, sono degli Anni Novanta: a parte lo sviluppo della tecnologia, cosa è stato fatto di importante negli ultimi anni? Avere tutto facilitato anestetizza l’attività celebrale. Nel lungo termine le persone diventeranno dei replicanti, come nel film Blade Runner. Questo mi fa arrabbiare tantissimo. A me piace imparare dagli altri, sentire cose che non sento tutti i giorni, ma vedo attorno a me una retromarcia continua. In Italia non esiste la lungimiranza, ci sono ad esempio tanti musicisti bravi che vengono sottovalutati. Una volta eravamo tutti più felici. Nel nostro Paese venivano gli stranieri ricchi in vacanza, adesso si è abbassata la media”.

Quanto ti senti cambiato in questi anni?


“Mi sento sempre la stessa persona, un po’ più cresciuto, certo la mia vita è cambiata dal punto di vista materiale. Mi sento realizzato, perché si è avverato un sogno che avevo da ragazzino ed è andato oltre le aspettative. Inevitabilmente ci sono cose che quando non sei famoso non metti in conto, come le responsabilità, perché tutto quello che fai quando sei conosciuto viene amplificato nel bene e nel male. Non mi piace inoltre il fatto di avere delle scadenze, anche nella produzione musicale. Però sono rimasto me stesso, mi piace ancora andare al bar con gli amici, non mi sono sofisticato, mi rapporto con le persone che ho intorno nello stesso modo di prima”.

A marzo 2017 partirà il tour (le due anteprime sono in programma il 20 marzo all’Alcatraz di Milano e il 27 marzo all’Atlantico di Roma). Hai già delle idee per il live?

“Stiamo lavorando sulle prime grafiche e sugli spunti iniziali, ma non so nulla di più. Avrei voluto iniziare il tour prima di marzo ma in realtà serve il tempo giusto per vendere i biglietti e far ascoltare il disco alla gente. Speriamo che questi mesi passino in fretta”.

Testo di Francesca Monti

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