Solo un album di cover … è senza dubbio un po’ troppo limitativo per questo primo vero e proprio debutto come solista (il precedente volume “Counterfeit”, uscito quattordici anni fa, era un Ep di sei canzoni) della menta lirica dei Depeche Mode, Martin Gore. Undici cover raccolte tra la vasta discografia di miti del rock come David Bowie, Lou Reed, Bod Dyan, Velvet Underground, Nick Cave, Brian Eno, Iggy Pop, John Lennon ma anche personaggi più di nicchia e non conosciuti dal grande pubblico ma non altrettanto interessanti come il mago dello swing Hank Thompson, il glam, pop-trash di David Essex, il fascino di Kurt Weil o la chanteuse Jukee Cruise. Una personalissima raccolta che Gore reinterpreta a suo modo, smontando l’architettura delle canzoni originali e ridisegnenandola a suo modo, in alcuni casi facendo diventare i brani originali quasi irriconoscibili in altri non toccando il filo guida perfetto della stesura autentica. Il risultato è un disco dai lati oscuri, introspettivi e intimi. Elettronica non impattante, quasi minimale, decadente che talvolta diventa un po’ troppo statica. Brani come "Loverman" di Nick Cave, la dylaniana "In My Time of Dying” o la suonata per piano "Lost in the Stars" di Kurt Weil sono solo un esempio della grande poliedricità di Gore, ma sono altrettanto il suo limite. “Counterfeit2” è un disco di ispirazione, un disco quasi da studiare ed ascoltare per poi rileggere l’evoluzione dei Depeche Mode.
Difficile considerarlo solo un disco di cover ma altrettanto difficile considerarlo un disco con una sua e vera propria anima. |