Black City è un luogo in cui l’aria è irrespirabile e le anime perdute; è un posto spaventoso, in cui aggirarsi dovrebbe portare a non pochi incontri morbosi; così almeno se la immagina Matthew Dear, genio dell’elettronica che con pochi ed essenziali tocchi costruisce un mood. Tra beat industrial irresistibili ed intricati come intestini (You Put A Smell On Me) e sciamanerie metropolitane (Monkey), quello che emerge è il suono di uno spazio dell’anima ambiguo e rarefatto, fragile e cattivo; rigoroso come solo i berlinesi possono essere, ma lui è texano, e ci mette la voce. Ci si saluta con Gem, ballata per pianoforte ammalato; strano: apre in buio pesto e chiude con uno squarcio di foschia.
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